Dopo innumerevoli uscite insieme, era doveroso che anch’io contribuissi alla documentazione di queste avventure speleotrekkicanyonculinarie e non potevo scegliere occasione migliore del weekend di Pasqua.
La Fancello&Irranca, in collaborazione con Paolo Il magazziniere, Paolo Salimbeni Salimba de Luna, Carlo Quello alto, Jenni Cioccolato ed Elisabetta L’Ingegnere, organizzano per sabato 3 Aprile, una discesa nella mitica Badde Pentumas.
Io ci provo a dire ai miei compagni che, in quella gola, una maledizione mi ha preso di mira, ma sono troppo cocciuti per darmi retta. In effetti questo è il mio dodicesimo tentativo di fare per la prima volta tale discesa, ma allo Specus non basta per cambiare idea e al grido di Maittadindimpottada, l’escursione viene approvata.
Campo Base: la mia mansarda, venerdì sera passiamo ore a curare la logistica e finalmente ne veniamo a capo, l’antipasto di pancetta e moddizzosu sarà consumato prima della Paella, e su questo non ci piove.
L’unica pioggia in zona è a base di sangria e pacharan ed è un diluvio!!
Fissato l’orario di partenza si va tutti a nanna, dopotutto ci sveglieremo presto, ed infatti sabato mattina siamo belli pimpanti pronti ad affrontare le fatiche della salita verso l’attacco di Pentumas.
Il magazziniere mi chiede almeno 30 volte se ho preso tutto, stavolta sembra davvero sia la volta buona per me, ed infatti, dopo una lunga salita riusciamo ad arrivare all’attacco del primo salto. Sono un po’ preoccupato, dopo anni mi trovo li, pronto a scendere dentro quella gola che mi ha sempre rifiutato per un motivo o per l’altro, ma i miei compagni sono troppo determinati e non posso deluderli.
Sono il secondo a calarmi per il primo salto, ormai sono in ballo. È bello, troppo bello, mi godo poi la discesa degli altri e mi rilasso, è tempo di essere un tutt’uno con Badde Pentumas, la maledizione è svanita!
Andiamo spediti salto dopo salto, Desogus attrezza, ogni tanto gli da il cambio Gio, alla fine ci prendo gusto pure io. Don Carlos è l’addetto al recupero e ammatassamento, e lo fa bene. Bravo Carletto.
Siamo al quarto…? Quinto..?? boh non lo so, sta di fatto che dopo una discesa di Gio, ci comunica che c’è acqua sul fondo e che si sta inventando qualcosa per non bagnarsi. 20 metri più su ci prepariamo, io mi tiro su i calzoni, qualcuno fa di peggio (non sono autorizzato a rivelare chi e come se non con una generosa offerta) ed è a questo punto che Eli ha la visione che le cambierà la giornata. Della serie…. Muscoli? Non so che farmene!! Raga… non posso dire altro!!
Continuiamo le discese, siamo troppo bravi, anche di più, ci godiamo la bellezza di quelle maestose pareti mentre in alto un’aquila veglia su di noi… o forse aspetta che qualcuno schiatti!!!
Abbiamo sfatato la maledizione con una escursione bellissima, divertentissima, senza intoppi, ma Giovanna ha fame, dobbiamo affrettarci a rientrare al campo base o inizierà ad azzannarci uno per uno.
Cena frugale a base di salsicce arrosto ed altre cosettine tipo coppa, pancetta, asparagi, cannonau e… mirto congelato e subito a letto, ci aspetta un’alzataccia visto che domenica si sale a Doinanicoro!
La mattina ci salutano Salimba de Luna e L’Ingegnera mentre noi prepariamo i mastodontici zaini per poter affrontare la 2giorni di trekking. Partiamo presto, e già questa è una notizia. Primo ostacolo: salita de Iscala de Surtana, poi ci aspetta quella de Cucuttos con veloce visita agli omonimi ovili. Una simpaticissima pioggerellina ci accompagna nella nostra ascesa complicandoci un po’ la vita, ma alla fine si arrende e ci lascia in pace, tanto non abbiamo intenzione di tornare indietro.
Ok, dov’ero rimasto?? Ah si, alla rampa di Mes’attas dove il dislivello aumenta in maniera vertiginosa. Siamo partiti da 212mt, siamo oltre i 700 ormai. Riusciamo a salire abbastanza agevolmente anche grazie a Giovanna e al caffè della Peppina che dolenti o nolenti, ci tocca cantare con lei. Respiriamo aria di meta quando ci inoltriamo per Filos d’ortu e, finalmente, riusciamo ad intravedere l’ovile di Ziu Raffaele che veglia sul maestoso Campu Doinanicoro.
Una volta che arriviamo all’ovile le emozioni sono forti, per me è come un ritorno a casa ma per i miei compagni d’avventura è una vera scoperta, restiamo per diversi minuti ad ammirare immobili lo spettacolo che abbiamo davanti ai nostri occhi. Un meraviglioso pianoro incastonato tra le bellissime montagne del Supramonte.
Giovanna ha fame, stavolta non è la sola però, quindi, dopo aver realizzato che effettivamente ce l’abbiamo fatta, è ora di un meritato spuntino da consumarsi su tavolo naturale in calcare con vista sul paradiso verde.
In posti del genere c’è un elemento che è più prezioso dell’oro, ed è l’acqua, quindi con i miei fidi aiutanti andiamo alla ricerca di Sa Funtana de s’Arga, un anfratto da cui possiamo accedere ad una zona allagata da purissima e freschissima acqua.
Dopo aver sistemato quelle che erano priorità (ovvero acqua e legna per il fuoco) possiamo dedicarci a continuare la visita di questo splendido posto, quindi decidiamo di attraversare il grande pianoro per dirigerci a Su Sercone, incredibile dolina di crollo poco distante dal nostro rifugio.
Tra i simpatici bovini che pascolano attorno a noi, scorgo 3 mufloni per la gioia di Paolo e la sua macchina fotografica. Pochi minuti dopo giungiamo a Su Sercone e anche qui è impossibili restare indifferenti dinnanzi a tale meraviglia. Sei li seduto, che guardi, scruti altri mufloni che, decisamente più aggraziati di noi tra i calcari, discendono verso il fondo della dolina e non puoi fare a meno di emozionarti e sognare. È veramente un luogo magico.
Sta arrivando la sera e decidiamo di rientrare all’ovile, si sta alzando il vento di maestrale, meglio stare al chiuso, ed infatti mentre siamo a cena “lui” soffia forte. Ma noi non gli diamo molto peso, siamo troppo impegnati ad arrostire e a versare da bere per preoccuparci. Dopo l’abbondante cena la stanchezza e il rilassamento si fanno sentire ed allora, non avendo programmato serate in discoteca, ci sistemiamo per passare la notte nei nostri sacchi a pelo, mentre fuori il vento rinforza ancora.
Conoscendo le difficoltà del percorso da affrontare l’indomani per il rientro sono un po’ preoccupato, le zone esposte al vento sono molte ed i campi solcati possono diventare delle trappole.
Comunque sia, l’indomani ripartiamo. Tengo il gruppo compatto e l’andatura bassa, cercando di aggirare le creste in cui solitamente il vento la fa da padrone. Incrociamo qua e la altri escursionisti che intrepidi hanno deciso di sfidare il vento. Scendiamo fino agli ovili di Cucuttos senza particolari difficoltà, li, tanto per cambiare, organizziamo un bel fuocherello e si ricomincia ad arrostire. È una zona riparata, con un sole magnifico, la pennichella post-pranzo è d’obbligo.
Ultima ora di trekking e finalmente mi posso togliere lo zaino dalle spalle, una vera liberazione per tutti. Giovanna, ha una magnifica idea, visto che non abbiamo fretta, sistemate le cose nelle auto, ci dirigiamo verso il fiume per un fresco quanto gradito pediluvio, i nostri poveri piedini avevano bisogno di sollievo e non ci facciamo pregare. Ormai il weekend di Pasqua è agli sgoccioli, siamo stati bene, abbiamo faticato ma siamo stati ricompensati da Madre Natura che ci ha permesso di godere di posti incredibili, consci di aver assistito negli ultimi tre giorni a meravigliosi scenari decisamente difficili da descrivere in poche righe, con emozioni impossibili da trasmettere con qualche foto. È tempo di saluti, con il rammarico di sapere che è finita ma con la voglia di organizzare una nuova, incredibile avventura insieme. Dove, non si sa, l’importante è stare insieme.